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Gli organi delle chiese di Gazzo Tempo fa vi ho inviato, effettuata prima del suo recente restauro, una fotografia dell’organo della chiesa di San Martino, con il recondito fine di sensibilizzare in qualche modo quanti vi leggono sulla importanza rivestita da uno strumento che, considerato universalmente il re degli strumenti, oggi purtroppo è diventato troppo spesso una cenerentola, in particolare nel nostro “Bel Paese” (naturalmente non mi riferisco a Gazzo, ma alla nostra bella Italia, che in fatto di organi possiede un patrimonio che ci è invidiato da tutti).
Vi ho anche precisato che per acquistare un organo tradizionale e restaurarne uno antico occorrono notevoli somme di denaro.
Ebbene! Benché non vi sia alcun strumento in grado di imitare e sostituire questa complessa macchina per far musica (mi riferisco sempre all’organo tradizionale), che non si limita alle poche canne del prospetto visibili dall’esterno, esso troppo di frequente rimane abbandonato, muto e insuonato, andando incontro inevitabilmente a un lento, ma inesorabile degrado. Oggi il pericolo maggiore per questi stupendi strumenti, paradossalmente, è costituito dai parroci e non lo dico io, ma un prete che di musica e di organi se ne intende.
Così si esprime (1) Mons. Mario Saccardo di Vicenza, membro della Commissione per l’Arte organaria dell’Ufficio Diocesano per i Beni Culturali: "La nostra regione forma ottimi organisti.
Questi ragazzi, però, trovano poi un ostacolo insuperabile nei parroci. Oggi, infatti, vige una 'liturgia fai da te' dai connotati 'festaioli' che ha perso la sua sacralità.
I preti, preoccupati di non perdere i giovani, tentano di venire incontro ai loro gusti.
Senza rendersi conto che, alla fine, portano in chiesa una musica da discoteca".
Nel territorio di Gazzo di organi ce ne sono o ce ne sono stati più di uno:
- Gazzo: uno Zordan del 1891, recentemente ampliato da Romain Legros nel 1910;
- Villalta: uno Zordan del 1937 (non so se c’è ancora);
- Grossa: uno Zordan del 1899 (vedi foto allegata); - Gaianigo: non mi sembra abbia mai posseduto un organo tradizionale (mi piacerebbe essere smentito);
- Grantortino: uno Zordan del 1895, purtroppo andato distrutto (prima ancora possedeva un pregevolissimo strumento del 1834 di Giovanbattista De Lorenzi, considerato da molti il massimo esponente dell’organaria veneta dell’ottocento).
Un patrimonio organaro, quindi, di tutto rispetto, un bene della Comunità che merita di essere conservato, curato e consegnato alle future generazioni perché frutto di un’arte antica destinata a non tramontare mai, poiché la “voce” dell’organo eleva lo spirito e lo avvicina di più a Lui..
Io non sono né un musicista, né un religioso, ma vi assicuro che entrare in una cattedrale deserta, come è capitato a me, e udire le note di un grande musicista del passato interpretata da un altrettanto valido organista di oggi è cosa che trascende ogni possibilità di espressione e conduce senza volerlo alla meditazione e alla preghiera.
Abbandonare a se stesso un bene così prezioso è un atto ignobile, la cui responsabilità non può e non deve ricadere solo sui singoli, ma su tutti.
Abbiate, pertanto, cura degli organi conservati nelle vostre chiese e se volete che essi non abbiano a invecchiare precocemente e ancor più a deteriorarsi irrimediabilmente fate in modo che suonino, anzi, pretendetelo.
→ Leonida Grazioli